[Missione] The Ice Wall Builders

Sashichi Daija, Kya Von Guner, James Underwood

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    Erano passati ormai mesi dall'assedio al Garden e la struttura era ormai quasi del tutto tornata intera. Ovviamente c'era ancora chi si leccava le ferite, non solo fisiche ma anche mentali, che un evento del genere crea. C'era chi se le portava dietro, vivide e dolorose, o chi se le era già buttate alle spalle. Tutti dovevano conviverci o lo avevano già fatto. Dietro a quegli eventi tuttavia si erano sollevati molti interrogativi e non tutti avevano ricevuto una risposta plausibile: i SeeD non potevano rimanere ad aspettare, dovevano cercare le risposte e porvi rimedio, evitando che un assedio del genere potesse ripetersi ancora una volta. Il Garden doveva rinforzare le sue misure di sicurezza, le sue difese: le voci si erano già diffuse, avevano fatto il giro del globo, e sapere che l'accademia di Galbadia era stata quasi messa in ginocchio da un'organizzazione come gli Zevran non era di certo una pubblicità di cui andare orgogliosi. Probabilmente sarebbe stata questione di tempo prima che qualche altro gruppo di Zevran o di pazzi avrebbe tentato un secondo assalto.
    Questo non doveva accadere per nessun motivo, nessun motivo al mondo.


    Avevo già sguinzagliato alcuni Spettri nelle ore successive all'assedio per indagare sulle piste che gli Zevran avevano lasciato, prima che queste si raffreddassero. Probabilmente non in molti si aspettavano qualcosa del genere ma i nostri nemici avevano lasciato molte briciole durante la loro ritirata. Un gruppo di Spettri era tornato qualche settimana dopo con delle informazioni molto interessanti da Trabia. Sarebbe stata questa la meta della prossima missione.

    Avevo già convocato Sashici, Kya e James, il fratello di Tessa, e tutti e tre avevano dato la loro disponibilità per parteciparvi, sebbene non avessero ricevuto ancora molte informazioni in merito, se non la meta. Sapevo che Sashici e James erano molto legati a quella terra, motivo in più per renderli partecipi di quella spedizione.

    Li attendevo presso la postazione di briefing antestante ai vari scompartimenti dei garage, per illustrargli per filo e per segno tutto ciò di cui eravamo a conoscenza. I monitor erano tutti accesi: alcuni erano collegati a delle telecamere disseminate per tutto il Garden, altri invece mostravano Trabia, le cui aree di battaglia erano evidenziate in rosso ed andavano aggiornandosi in tempo reale.
    Sul tavolo interattivo, non tanto lontano da me, pulsavano delle lucette, pronte a dar vita a degli ologrammi grazie ad un semplice tocco della mano.
    Io attendevo i tre, con la schiena poggiata contro il muro e le braccia conserte, osservando fisso la porta dalla quale avrebbero dovuto fare la loro comparsa.
     
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    Sashichi

    Non sapeva nulla della missione, ma si era comunque offerto volontario. In parte perché era fermamente intenzionato a venire a capo del "problema Zevran", una faccenda che, con tutte le volte che l'aveva incrociata, stava quasi assumendo un carattere personale per il giovane SeeD. In parte... beh, a Galbadia faceva veramente caldo per i suoi gusti, e ora stava anche per cominciare l'estate. Con un po' di fortuna, la missione avrebbe previsto dei pernottamenti fuori, magari per fare ricognizione su qualche struttura nemica, o per un po' di sano spionaggio, e si sarebbe potuto godere una temperatura più umana per qualche giorno. Alcune parti di Trabia erano persino caratterizzate dalla neve perenne...

    Cercò di non farsi distrarre troppo dal pensiero del desiderabile clima delle sue terre natie, e si concentrò sui preparativi. Non sapeva benissimo a cosa sarebbe dovuto andare incontro, quindi si attrezzò più del normale, cercando di pensare un po' a tutto... nel peggiore dei casi avrebbe lasciato lo zaino sul mezzo di trasporto, non ci avrebbe perso nulla. Indossò una mimetica bianca, adatta alle zone nevose, e si sistemò la cintura, aggacciandoci una bussola, il binocolo che aveva ricevuto da Zack non molto tempo prima, una borraccia e un attrezzo multiuso. Controllò che la bisaccia con il kit di pronto soccorso e di sopravvivenza avesse dentro tutto il necessario, e stipò nello zaino razioni per qualche giorno e un paio di bottiglie d'acqua, una mimetica di ricambio, un poncho impermeabile e una coperta termica. In previsione di possibili arrampicate, vista la regione, non gli sarebbe dispiaciuto portarsi dietro un rotolo di corda, ma non ne aveva con sé, e si ripromise quindi di chiederla a Rax più tardi.

    Verificato che non mancasse nulla, si mise lo zaino in spalla e si avviò verso il garage, il punto di ritrovo designato. Appena oltrepassata la porta della postazione briefing, si trovò davanti Rax e gli rivolse un cenno di saluto, portando la mano alla fronte in un gesto che aveva una vaga somiglianza con un saluto militare, ma era decisamente più informale. «Sono il primo?» chiese, guardandosi intorno e non vedendo nessun altro nella stanza.

     
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    La notifica di una e-mail lo aveva distratto, qualche giorno prima, dai suoi buoni propositi di mettersi a studiare un po’ nuove tecniche di combattimento da adoperare in un imminente futuro.
    Non l’aveva letta subito, aveva lasciato passare qualche minuto nel tentativo di non interrompere a neanche metà la sua sessione di allenamento.
    Tuttavia la curiosità ed il caldo ebbero la meglio su di lui, ed afferrando il cellulare, era rimasto sorpreso nel constatare che quel messaggio era una convocazione ufficiale del Garden.
    L’ordine di partenza indicava Trabia come destinazione, e la cosa lo rincuorò. Galbadia in estate era sinceramente soffocante.
    Solo in seguito si accorse dei nomi dei suoi compagni: Sashichi e Kya.
    Sorrise spontaneamente, soddisfatto. Conosceva discretamente bene entrambi, anche se ignorava quali fossero i loro rapporti: rammentava solo un incrocio di sguardi tra loro durante il ballo precedente l’assalto degli Zevran, ma non aveva mai indagato fino in fondo. In realtà non aveva indagato proprio.
    Solo in seguito ricordò che entrambi i SeeD sfruttavano armi da fuoco principalmente per combattere: salvo variazioni di stile improvvise, lo scontro ravvicinato sarebbe stata una sua prerogativa.
    Il target della missione era tuttavia ignoto.

    Quando arrivò davanti la porta della stanza destinata al briefing, antistante al garage, ripassò mentalmente il contenuto dallo zaino che aveva sulle spalle. Lo aveva allestito, sfruttando anche la logistica del Garden, in modo molto simile a quello che aveva ricevuto in dotazione per una missione tempo addietro.
    Aveva poi di suo aggiunto il proprio sacco a pelo, una coperta in più, alcuni teli isotermici usa-e-getta, viveri ed un cambio d’abito.
    Fermo restando che non avrebbe davvero sudato, esagerare con gli indumenti di ricambio lo avrebbe solo rallentato.

    ”Salve bella gente...” esordì, una volta entrato nella stanza. Monitor su monitor riportavano le immagino di altrettante telecamere, mentre su uno spiccava la mappa di Trabia, illuminata da vari pallini rossi. Non aveva idea di cosa potessero rappresentare, e non era sufficientemente sveglio per interrogarsi a riguardo.
    Salutò Rax con un saluto un po’ più adatto al suo rango, rivolgendo invece a Sashichi un allegro sorriso.
    La sua mimetica bianca era sostanzialmente perfetta per i deserti innevati della loro terra natia, mentre la specie di “mimetica” da lui improvvisata non reggeva nemmeno il confronto.
    Decisamente più logora della sua, era la medesima con cui era giunto al Garden e con cui aveva affrontato il viaggio dalla sua terra all’Accademia.
    Si sistemò infine accanto a Sashichi, lasciando cadere a terra lo zaino mentre adagiò più delicatamente la sua lunga alabarda, tornando poi a curiosare sui monitor, attendendo l’arrivo di Kya che avrebbe sancito dunque l’inizio della loro missione.
     
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    Da quando era accaduto il fattaccio al Ballo Seed, Kya era sparita dalla circolazione. Affidandosi solo agli incontri con Jeffrey, Tessa e naturalmente Alice, ormai da tempo sua compagna di stanza, Kya non aveva cercato ulteriori anime. Passava molto tempo in camera sua e la palestra.
    Non studiava più, non disegnava più, non leggeva più in Biblioteca.
    Si era “appassita”, cercando di rimanere nella propria solitudine il più possibile. Ora che erano passati mesi la cosa non era cambiata, ma era di sicuro migliorata. Ogni tanto sbucava fuori per una passeggiata: adorava il sole, anche se ci teneva a mantenere la propria pelle diafana grazie al generoso uso di creme solari. Nient’ altro. Non aveva niente da dire, né da dare, né da fare.

    Aveva però incrementato il vizio del fumo: le sigarette non mancavano mai, preferendole al cibo senza nemmeno pensarci due volte. E perfino Alice avrebbe potuto attestare di convivere con un fantasma, piuttosto che una persona. Kya si curava di meno e, soprattutto, non faceva più shopping a Deling City. Insomma… aveva ricevuto pure lei una bella batosta, più mentale che fisica. Non era cresciuta vivendo la guerra e mai avrebbe pensato a un simile attacco al Garden… verso cui, comunque, riponeva tutte le sue speranze e la sua fiducia.

    Forse non se ne stava accorgendo, ma stava cambiando gradualmente e inesorabilmente, da quando era entrata nel Garden per la prima volta. Di questo passo, non sarebbe stata più la stessa tra un paio di anni. Non era mica diventata perfetta: era comunque inesperta sul campo di battaglia, ma lo spirito con cui affrontava le cose…ecco, quello era cambiato. Si era prefissata l’obiettivo di diventare un Seed eccellente, consapevole dell’alto rischio di errori. Ma l’importante era provarci.

    Nonostante questo suo mood che stava ormai diventando uno stile di vita, il messaggio da parte di Rax la fece sorridere. Aveva mantenuto la stima per il suo primo “tutor”, e sempre così sarebbe stato. Non avrebbe mai questionato un suo ordine o una sua scelta.

    Il problema era che a partecipare alla missione ci sarebbe stato anche Sashichi. Ormai lo odiava da talmente tanto tempo che nemmeno ricordava il perché, ma anche se lo ricordasse ancora avrebbe comunque accettato l’incarico. Non era la prima volta, infatti, che tentava disperatamente di dimostrare a Rax di che pasta fosse fatta. L’aveva seguita sin dall’inizio, e Kya non avrebbe desiderato altri mentori al di fuori di lui.

    Nel tentativo di darsi una sistemata, per prima cosa fece una doccia. Era da sola, in camera, ma forse nemmeno ci aveva fatto troppo caso. Non le importava, essenzialmente. Poi, con l’asciugamano che le avvolgeva il corpo ancora fumante, si diresse verso l’armadio e tolse le etichette a una serie di indumenti che aveva comprato tempo prima, solo ed esclusivamente per “usarli” in missione.

    Tra questi vi era un paio di pantaloni larghi, color panna, che contenevano diverse tasche, rimaste vuote; una canottiera bianca; una felpa pesante dello stesso colore dei pantaloni. Li indossò e appese poi alla cinta il marsupio contenente le sigarette, una fiaschetta con alcool, un tovagliolo di stoffa piegato in quattro. Sul fianco sinistro aggiunse una corda, mentre sulla schiena la propria arma, Mantha, e la faretra.

    Si piegò in avanti per indossare gli stivali impermeabili e li allacciò con forza, poi si risollevò e cercò lo specchio. Una volta trovatasi davanti, avrebbe unito i capelli in una unica e fitta treccia che partiva dalla nuca.

    Quando arrivò al Garage, sollevò solo una mano, facendosi così vedere principalmente da Rax, visto che sarebbe arrivata alle spalle dei suoi compagni.
    Si sarebbe quindi avvicinata, schiarendosi la voce.

    “Scusate il ritardo.”


    Evitò accuratamente lo sguardo di Sashichi ma, mettendosi accanto a James, sfiorò volutamente il braccio di quest’ultimo con la mano.

    “Grazie per la fiducia, Rax. Sono tutta orecchie”


    Sussurrò, incrociando le braccia e attendendo le sue direttive.
     
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    I tre non ci avevano messo poi molto ad arrivare. Salutai Sashichi con un cenno del capo, per poi rispondergli in segno di assenso: era sempre arrivato in anticipo a qualsiasi tipo di convocazione o appuntamento lo avessi visto. Chiunque lo conoscesse da un po' sapeva che era un tipo molto preciso. Questione di secondi ed arrivarono sia James che Kya. Sebbene quest'ultima si fosse scusata per il ritardo era arrivata quasi in perfetto orario. Era invece la prima volta che vedevo James "da vicino", anche se Tessa me ne aveva già parlato in precedenza, oltre al fatto che lo avevo già visto gironzolare per il Garden. Per quanto ne sapevo si era anche comportato benissimo durante il suo esame "non proprio convenzionale" SeeD. Dall'idea che mi ero fatto ci teneva molto a non essere riconosciuto come "il fratello di" e in base al suo esordio ci stava riuscendo egregiamente. La squadra era quindi al completo, quindi potevo iniziare con il briefing della missione, anche se questo non sarebbe stato poi così lungo o complesso, sebbene era qualcosa che ci toccava abbastanza nel profondo.


    Mi distaccai dal muro, dandomi una piccola spintarella con le mani, per poi avvicinarmi al tavolo che, con un lieve passaggio di mano sopra il pannellino di controllo, si attivò. Un puntino verde iniziò a lampeggiare nella zona sud ovest della mappa olografica in 3D di Trabia.

    Bene ragazzi, iniziamo subito. Come sapete, durante l'assalto al Garden di qualche mese fa, gli Zevran sono riusciti ad inibire le barriere che proteggevano il Garden, rendendolo vulnerabile praticamente a qualsiasi tipo di attacco. A permettergli tutto ciò sono state le torrette che hanno piazzato non troppo lontane dal perimetro della struttura. Sebbene le loro fattezze fossero abbastanza artigianali queste hanno rappresentato un pericolo assurdo per la nostra tecnologia di difesa. Gli effetti li abbiamo visti tutti.


    Sapevo che sia James che Sashichi erano venuti a contatto con queste torrette, quindi senza ombra di dubbio sapevano di cosa stessi parlando: Guardai quindi Kya per assicurarmi che tutto fino a lì le fosse chiaro. Se non avessi notato particolari dubbi avrei proseguito col discorso.


    Un piccolo contingente di Spettri è riuscito a seguire delle tracce lasciate dagli Zevran. Questi non si erano fabbricati le torrette da soli: sono organizzati in cellule, probabilmente abbastanza sconnesse fra di loro, tranne che per l'attacco in questione. Quindi il fatto che abbiano una vera e propria divisione di R&S è abbastanza improbabile. Per procurarsi quelle torrette si sono rivolti ad un fornitore e, a quanto pare, questo si trova proprio qui.

    Indicai proprio il puntino verde lampeggiante sbucato poco prima, per poi toccarlo con indice e pollice e zoomare: la mappa lasciò il posto ad una seconda ricostruzione 3D, stavolta di un edificio.

    Le torrette sono state costruite proprio qui. Il vostro compito è quello di recarvi sul posto, prendendo ovviamente tutte le precauzioni del caso. Nessuno dovrebbe aver notato gli Spettri che si sono recati sul posto ma siate comunque prudenti: l'imboscata potrebbe comunque essere dietro l'angolo. Una volta giunti lì, procuratevi i progetti riguardanti la tecnologia sviluppata fino ad oggi e, cosa più importante, assicuratevi che questi stronzi capiscano chi è che comanda. Non possiamo permetterci di finire in una situazione simile ancora una volta: possiamo considerarci fortunati se fino ad oggi nessun'altro ha tentato l'assalto al Garden. Dovete inculcargli in testa che ad ogni azione corrisponde una reazione. Hanno provato a fregare le persone sbagliate. Niente e nessuno dovrà minacciare più casa nostra.


    Serrai i pugni: dovevo ammettere che avevo preso la cosa abbastanza sul personale ma era anche vero che il Garden era praticamente la casa di tutti i presenti. La rabbia per quello che era successo era sicuramente condivisa dagli altri tre ragazzi. Avrei partecipato io stesso alla spedizione se questioni ancora più importanti non mi avessero impegnato durante quei giorni.
    Lasciai passare qualche secondo, prima di riprendere la parola.

    Vedo che siete già venuti con il vostro equipaggiamento personale. Per poi però ho ancora qualcosa.


    Presi delle piccole sacche bianche che fino a poco prima erano posizionate vicino al tavolo.

    Dentro troverete tre ricetrasmittenti da posizionare all'interno dell'orecchio: saranno quasi invisibili dall'esterno. Potrete comunicare fra voi e all'occorrenza anche con me. - passai il dito indice sull'orecchio, lasciandogli intendere che ne indossavo una in quell'esatto momento. - Oltre a quelli ci troverete anche dei chiodi d'arrampicata, le sicure e delle corde. Potrete dover affrontare una piccola scalata, visto dove si trova l'officina. Inoltre troverete anche dei localizzatori da poter piazzare dove o su chi vi pare. Kya dovrebbe averne già visto uno in azione.

    Sia lei che Sashichi avevano infatti partecipato ad una missione, tempo addietro, che aveva rappresentato uno dei primi contatti con gli Zevran. Avevo usato il localizzatore in prima persona ma in quel momento solo Kya era nei paraggi.

    Credo sia tutto. Avete delle domande?
     
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    Sashichi

    Fece appena in tempo a salutare Rax, che nel giro di qualche secondo sentì la porta dietro di sé riaprirsi, e voltandosi vide entrare James. Ricambiò il suo saluto con un sorriso e un cenno della mano, e vedendolo posare lo zaino a terra decise di fare a sua volta lo stesso. Nel giro di qualche altro secondo, arrivò anche Kya, che si scusò anche per un ritardo in realtà inesistente. Rivolse anche a lei un cenno di saluto con la mano, e non poté fare a meno di notare che lei evitò accuratamente il suo sguardo. Non ci fece troppo caso: erano passati mesi dall'ultima volta che si erano parlati, e indubbiamente non era un caso se non ne avevano avuto occasione. Lui non l'aveva cercata, e a giudicare dall'ultima interazione che avevano avuto, era abbastanza chiaro che anche lei non aveva la minima intenzione di farlo. I motivi di questo suo comportamento non gli erano chiarissimi, ma con il tempo si era abituato alle stranezze e mutevolezze di Kya al punto da non farne questione, e dal momento che egli stesso non era sicuro di come sentirsi nei suoi confronti, aveva lasciato correre senza intervenire in alcun modo.

    Non ebbe molto tempo per riflettere su tutto ciò, però, perché di lì a poco, essendosi radunati tutti, Rax iniziò il briefing. Annuì alla menzione delle torrette, facendo una piccola smorfia. Si sentiva personalmente responsabile, forse a torto, del fatto che una di quelle torrette aveva innescato una specie di meccanismo di autodifesa, distruggendo parte delle mura del Garden, e non era mai un bella esperienza ripensarci. Diede un'occhiata verso James, per vedere se avrebbe avuto anche lui la sua stessa reazione, ma tornò presto ad ascoltare Rax. Quando questi fece comparire il modello 3D dell'edificio, si sporse leggermente in avanti per vedere meglio, e aggrottò la fronte, esaminando quello che si poteva vedere. Per fortuna, la mimetica di ricambio che si era portato sarebbe stata più o meno adatta a quel tipo di ambiente, anche se non perfetta. Ma d'altronde, all'interno di un edificio la mimetica perdeva di importanza a favore del puro e semplice non farsi vedere.

    Ascoltò il resto delle sue istruzioni e annuì, un po' perplesso nel vederlo tanto accorato nei confronti della missione... ma d'altronde era perfettamente comprensibile. Il Garden era stato attaccato direttamente, e anche con un certo successo. Questo evento poteva costituire un precedente molto pericoloso. Quando lo sentì parlare di equipaggiamento, si ripromise di chiedergli della corda, ma scoprì ben presto che non ve ne sarebbe stato assolutamente bisogno: Rax aveva già pensato a tutto. Accennò un sorriso, prendendo dalla sacca prima la ricetrasmittente, fissandosela all'orecchio, e poi il resto dell'equipaggiamento, trasferendolo dalla sacca bianca al proprio zaino — non avrebbe avuto senso portarsi dietro più borse. Prese anche la propria "porzione" di localizzatori, inserendoli in una delle tasche della mimetica — una di quelle con chiusura zip, tanto per essere sicuro che quegli attrezzi minuscoli non volassero via alla prima capriola.

    Ricontrollò tutto un'ultima volta, assicurandosi di non aver dimenticato nulla, e poi annuì con decisione, come per darsi un segnale da solo. «Credo sia tutto a posto,» disse dopo l'ultima frase di Rax, ma più come dando la propria conferma al suo "credo sia tutto" che in risposta alla domanda. Lasciò passare qualche secondo, riflettendo, prima di parlare di nuovo. «Come dobbiamo comportarci nel caso non incontrassimo alcuna resistenza armata, o se ci dovessimo imbattere in civili o personale non militare? La situazione ideale sarebbe entrare, recuperare i piani, e uscire senza che nessuno ci veda, ma in questo modo non risolveremmo il problema del...» fece una piccola pausa, prima di riprendere. «...del messaggio. È possibile che, nell'officina stessa, troveremo degli esplosivi per far saltare in aria il complesso? Voi li sapreste usare?» chiese, rivolgendo una breve occhiata prima a James e poi a Kya. Lui stesso non era affatto esperto di esplosivi, e non sarebbe stato capace di disinnescare un ordigno o tanto meno costruirne uno, ma finché si fosse trattato di piazzare e impostare il detonatore credeva che non avrebbe avuto problemi. Ma non era necessariamente così facile, specialmente se non lo si era mai fatto. «Su due piedi, questa è l'unica idea che mi viene in mente per comunicare un sentimento di rappresaglia, nel caso non dovessimo incontrare resistenza armata. In quel caso, naturalmente...» Lasciò la frase in sospeso. In quel caso, naturalmente, il messaggio che con il Garden non si scherza sarebbe passato tramite i cadaveri che si sarebbero inevitabilmente dovuti lasciare dietro per difendersi.

     
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    Poco dopo il suo ingresso nella stanza, fece la sua comparsa anche Kya.
    Sorridere gli venne spontaneo, tanto quanto aveva fatto nel vedere Sashichi già presente al suo arrivo..
    Tuttavia non gli sfuggì la quasi indifferenza, per quanto palesemente ostentata ed in realtà mirata a mascherare una sorta di tensione, che Kya dimostrò nei confronti dell’amico. Un po’ gli dispiacque, un po’ lo preoccupò: vecchi asti in missione non erano affatto utili. Tuttavia sperava e confidava nella maggiore esperienza e maturità di entrambe le parti in causa.
    Il tocco sul braccio che ricevette poi da Kya, quando quest’ultima gli si affiancò, gli diede la giusta calma per affrontare il briefing.
    Rax, infatti, non aveva perso tempo.

    Rimase di stucco quando il Capitano degli Spettri citò inevitabilmente le famigerate torrette che avevano, mesi addietro, messo in ginocchio il Garden azzerandone qualsiasi difesa.
    Gli venne spontaneo guardare Sashichi, suo compagno in quell’occasione. Entrambi conoscevano il potere distruttivo, e non solo istantaneo, di quei trabiccoli infernali.
    Non si rese conto di aver contratto la mascella quando tornò a guardare Rax.
    Respirò a fondo, ascoltando il resto del discorso, mentre gli occhi seguivano prima la mappa 3D della sua Trabia, ed infine l’ologramma rappresentante il loro target. Una fabbrica, apparentemente abbandonata, ma che era l’evidente luogo di costruzione e assemblaggio delle torrette.
    Annuì distrattamente, colpito, fomentato e quasi intimorito dalla foga e dalla rabbia cocente che Rax riversò in quelle parole.
    Per un attimo gli parve di rivedere Tessa, quando parlava del Circo durante gli anni della loro prigionia, quando quella rabbia innescò la miccia della sua personalissima autodistruzione che la condusse ad essere poi la Tessa che adesso conosceva.
    Non disse niente, si limitò ad annuire. Non avrebbe comunque interrotto Rax, che infine diede loro una sacca ciascuno, contenente dell’equipaggiamento a cui non aveva minimamente pensato e che, da solo, non avrebbe di certo potuto procurarsi.
    Fischiò ammirato quando parlò loro dei localizzatori, e non si curò di risultare fuori luogo.
    Dalla propria estrasse, come Sashichi, la ricetrasmittente che subito infilò dentro l’orecchio destro. I capelli lunghi gli potevano permettere di celarla ulteriormente ad eventuali sguardi indiscreti... così come il berretto che si era portato dietro e che penzolava distratto dalla sua tasca posteriore destra.

    Il primo a prendere parola fu Sashichi, con domande più che lecite. Domande a cui lui non aveva nemmeno pensato.
    Considerando che il target era palesemente un bersaglio di possibile interesse militare, perché la presenza di civili era da contemplarsi?
    Ebbe quasi la tentazione di parlare, esporre tale dubbio, quando alla mente gli si aprirono una serie di scenari plausibili.
    Le famiglie dei costruttori, forse. Trabia era immensa e le temperature non erano le più adatte a lunghe traversate. Magari era presente un dormitorio.
    Oppure, civili adoperati come scudo da eventuali attacchi massivi quali esplosivi o razzi.
    Oppure un connubio di entrambe le due ipotesi. Ecco, una cosa del genere l’avrebbe davvero fatto incazzare. Lui stesso era stato adoperato come deterrente per le fughe di Tessa dal tendone. Non osava immaginare altre persone nella sua passata e spiacevole situazione.

    ”Non ho esperienze di esplosivi, ma ho avuto modo di dar fuoco ed avvelenare alcune... persone in passato.
    Basterebbe trovare le giuste erbe sul nostro cammino.”
    esordì, non appena Sashichi snocciolò quella serie di domande, ipotesi e plausibili risposte.
    Guardò prima quest’ultimo, infine Rax, per poi toccarsi l’orecchio dove aveva nascosto la ricetrasmittente. Il resto dell’attrezzatura l’aveva riposto nello zaino, assieme alla sacca accuratamente piegata. Poteva tornare utile.
    ”Ho tuttavia due domande. La prima riguarda la durata delle batterie delle ricetrasmittenti. Non penso sia una missione da un solo giorno.” riprese a parlare, con tono adesso più grave e decisamente poco felice. Attese un attimo, prima di riprendere.
    ”La seconda è... davvero le ricetrasmittenti funzioneranno? Le torrette inibivano qualsiasi segnalazione radio tra interno ed esterno del perimetro, dopotutto. Nella migliore delle ipotesi noi tre, interni ad un eventuale “bolla” riusciremo a comunicare tra noi e non con te. Nella peggiore delle ipotesi, se mai dovessimo dividerci saremmo completamente... soli.”
    Lasciò aleggiare quelle lapidarie parole sull’intero gruppo, per poi incrociare le braccia al petto e guardare Rax direttamente negli occhi, senza battere ciglio.
    ”Abbiamo notizie da parte degli Spettri a tal proposito? Non so, l’eventuale presenza di un’antenna sul perimetro della fabbrica, o di strani oggetti dal dubbio funzionamento...”
     
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    Kya, nell’ascoltare le parole di Rax, incrociò le braccia ma portò una mano sul mento. Socchiuse gli occhi, osservando l’immagine che si poi si presentò davanti a loro.

    Ovviamente, la ragazza aveva già sentito parlare di quelle “famose” torrette. Anche se non aveva partecipato a quella missione, le voci su tali apparecchi si sparsero e si fecero più insistenti, soprattutto dopo l’attacco al Garden.

    Man mano che Liethel parlava, Kya riusciva a pensare solo una cosa, solo a un nome, ma trattenne ogni commento troppo affrettato e lasciò che fossero gli altri a parlare per primi.

    Sashichi, infatti, propose il problema di eventuali civili in circolazione. La ragazza stava in ascolto e intanto con gesti meccanici infilò la mano dentro la propria sacca, per poi portare la ricetrasmittente all’orecchio, imitare Sashichi nel conservare nella tasca dei pantaloni i localizzatori, la corda (la seconda, quindi) sul fianco destro e, infine, accuratamente piegati, chiodi e sicure nelle altre tasche, che per fortuna erano tutte vuote e abbastanza capienti. Avvertì un leggero senso di pesantezza, lei che amava avere le gambe libere, ma non se ne lamentò più di tanto. Pensò, piuttosto, che non aveva assolutamente alcun abito di ricambio.

    Ovviamente, per il fatto dei civili, non le importava più di tanto. Aveva ormai capito quale fosse l’obiettivo della sua/loro missione, e le bastava quello, perché proprio quello avrebbe fatto, senza lasciare che qualcuno o qualcosa potesse ostruire il suo cammino. Il suo commento a tutto quel discorso di Sashichi sulle persone non armate, arrendevoli etc, venne liquidato da un “tsk” sommesso di Kya.

    ”Non ho esperienze di esplosivi, ma ho avuto modo di dar fuoco ed avvelenare alcune... persone in passato.
    Basterebbe trovare le giuste erbe sul nostro cammino.”


    Solo le parole di James riuscirono a farle sollevare il capo. Kya gli rivolse un sorriso di sorpresa ma anche di intesa. Scopriva, così, di ammirare sempre di più il ragazzo, che sembrava pratico di erbe tanto quanto lei. Certo, lei le usava per la cosmesi ma…forse avrebbe potuto rivolgersi a lui anche per lo scopo che James aveva volutamente esposto come…abitudinario, quasi. Almeno, in passato.

    Lasciò che quindi anche lui esponesse le proprie perplessità e, una volta che ebbe finito, tornò a guardare Rax.

    “Non so nulla di esplosivi…putroppo” disse con un sospiro, sistemando la sicura del marsupio in modo che non penzolasse troppo.

    “…E ricordo i localizzatori, sì. Comunque… Rax, scusami, ma… vi è una remota possibilità che troveremo quello stronzo di Foglet, lì?”

    Kya si riferiva a Steven Foglet. Lo aveva incontrato poco prima di diventare SeeD. Era potente e abbastanza carismatico, oltre che un bastardo ed esaltato. Subito dopo che pronunciò quella domanda, tra l’altro contenente una parolaccia –e chi conosceva Kya, sapeva che non era un genere di persona che potesse dirle- , realizzò quanto le mancasse avere al suo fianco un compagno di cui potesse fidarsi ciecamente. In quella missione, infatti, ad affiancarla era Rune.
    Come un flash, l’immagine di lui che fasciava e curava la ferita di cui ora portava la cicatrice, illuminò la sua mente, rendendola ancora più perplessa. Sapeva che James e Sashichi avrebbero fatto del loro meglio per non lasciarla indietro, ma quelle cure… quelle cure che solo un amico sapeva offrirti…non erano da tutti. Sashichi, d’altronde, l’aveva già curata, ma senza… “sentimento”. Era stato il suo dovere, semplicemente.

    “…Gestisce la ArmsFor e proclamava di voler combattere contro la Strega. Ma, considerando che ha tentato di distruggere la G. Tech, la quale più volte ci ha fornito le armi, e di uccidere noi, per poi “scomparire” nel nulla… beh, non va sottovalutata l’opzione di una sua eventuale comparsa. E’ un soggetto pericoloso e con sé, quel giorno, aveva dei veri e propri mercenari. Cosa mi assicura che non stia lavorando per la Strega, adesso? E poi… ho un certo conto in sospeso, con lui. Sarei ben felice di ritrovarmelo davanti.”


    Portò inconsapevolmente una mano sulla spalla, sentendo la cicatrice tirare. E fece una smorfia di disprezzo, che in qualche modo calcava lo spirito di vendetta che Rax aveva fatto trasparire nel suo discorso. Avevano sicuramente motivazioni diverse, ma senza ombra di dubbio Liethel avrebbe potuto contare sulla determinazione di quella sfrontata ma silenziosa ragazza, poiché l’aveva già vista in azione e ne aveva valutato pregi e difetti.

    “In qualche modo lo spero, almeno.”


    Era perfettamente consapevole di quanto fosse potente Foglet e di quanto fosse inutile lei, in confronto. Ma non poteva fregargliene meno. Aveva ormai respirato il fomento… e il nervosismo cominciava a trasformarsi in adrenalina. Meglio così: non doveva avere paura. Se lo stava autoimponendo, perché sapeva che gli autori di quella tecnologia fossero uomini, non mostri, non animali. Uomini.

    “Infine, vorrei chiederti. Cosa ne è venuto fuori, per tutto questo tempo, dal localizzatore che avevi lanciato contro quella?”


    Per “quella”, intendeva la tiratrice che era scappata dal luogo di combattimento, nella stessa missione che tempo prima Kya aveva affrontato con lui, Sashichi e Tessa.
     
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    Mi aspettavo ovviamente delle domande da parte loro: solitamente le domande non arrivavano da chi aveva poca esperienza sul campo o da chi non aveva capito nulla. Ero certo al mille per mille che i SeeD di fronte a me non appartenevano a nessuna delle due categorie e le loro domande me lo confermarono. Il primo a intervenire fu Sashichi. I suoi dubbi erano del tutto fondati e per niente banali: bisognava sempre tenere conto degli innocenti, dei civili e di chi non aveva nulla a che fare con i conflitti in cui venivamo coinvolti in prima persona, come struttura militare. Una delle nostre prerogative era puntare solo ed unicamente al nostro obiettivo, senza mai venir meno alla nostra etica e alla nostra umanità. Persino Heinze, uno dei più strafottenti e sadici membri del Garden, seguiva queste direttive: nessuno di noi lì dentro era un mostro. C'erano senza dubbio elementi che erano in grado di uccidere a sangue freddo e senza porsi alcun tipo di problemi ma nessuno avrebbe mai ucciso un innocente.


    Secondo i sopralluoghi che abbiamo effettuato non ci dovrebbe essere nemmeno l'ombra di un civile. Chi ha venduto quelle armi agli Zevran non ha la fama di essere un fornitore... di bella presenza, diciamo. Non sono pericolosi quanto gli Zevran ma siamo certi che siano criminali del loro stesso stampo. Questo ovviamente non esclude che abbiano potuto portare qualcuno nel complesso. In quel caso ovviamente sarà vostra priorità farli evacuare prima di fare qualsiasi altra mossa. Magari far esplodere lo stabilimento è eccessivo.... potrebbe bastare anche il fatto che non siano più in grado di... - la mia espressione cambiò radicamente, fredda, distaccata, scandendo perfettamente le parole, ripresi a parlare - ...impugnare un'arma o bere da una cannuccia per il resto della loro bastardissima vita.

    A seguire arrivò anche l'osservazione di James, anche questa per nulla scontata. Incrociai le braccia di fronte a me, per poi rivolgere per qualche secondo ilo sguardo verso il soffitto a pensare. Non ero tanto bravo a ricordare sul momento le specifiche degli equipaggiamenti nuovi e quelle trasmittenti lo erano, visto che erano state sviluppate proprio dopo l'assalto. Mi ci vollero 4 o 5 secondi buoni per ricordare, poi rivolsi lo sguardo di nuovo verso i tre SeeD.


    La batteria è ha una carica di una settimana come minimo, se lasciata in "stasi" ma se la guardate bene.. - portai la mano all'orecchio per prendere la mia e mostrarla agli altri - ha un piccolissimo pendente: questo funge come una sorta di dinamo, muovendovi la ricaricherete costantemente, in questo modo la durata si allunga ancor di più, arrivando quasi a raddoppiare, se non ancora di più. Inoltre grazie ai resti delle torrette che abbiamo trovato in seguito all'assalto siamo riusciti a schermarle dai segnali ad alta frequenza che interferivano con i nostri. Quindi questi piccoli gioiellini dovrebbero garantire sia durata che funzionamento anche in condizioni piuttosto avverse: certo magari se vi ritroverete nel bel mezzo di una tempesta potrebbero darvi qualche problemino ma sono robuste ed affidabili. Riguardo i loro equipaggiamenti, le notizie che abbiamo sono queste.

    Con una rapida mossa della mano "spazzai" via l'ologramma che ritraeva gli ambienti interni dell'officina per poi tappare su un piccolo riquadro che mostro svariate foto scattate dagli Spettri in ricognizione.

    Hanno questa sorta di antenne che inibiscono determinati segnali e credo amplifichino i loro. Se vi capita l'occasione di metterle un paio fuori gioco non credo gli farebbe molto piacere. Inoltre hanno disseminato alcune guardie intorno al perimetro, non solo della struttura ma anche nei paraggi. Anche loro dispongono di mimetiche ambientali ed armi da fuoco, oltre che bianche. Tuttavia non sappiamo se all'interno dispongano di altre tipologie di strumenti, magari anche abbastanza pericolosi, considerando che avranno degli ingegneri molto capaci al loro soldo.


    L'ultima ad esporre i propri dubbi fu Kya, che con il suo intervento cercò di legare in qualche modo l'incarico attuale con alcuni dei precedenti a cui aveva partecipato: sospetti del tutto leciti. Di Foglet ne avevo già sentito parlare in passato: conoscevo il suo nome da prima che venisse coinvolto nella missione di qualche mese prima e, a quanto ne sapevo, era un personaggio abbastanza ambiguo quanto insidioso. Il suo coinvolgimento in quel frangente tuttavia era abbastanza improbabile.

    Foglet è abituato a guidare complessi industriali abbastanza articolati e che garantiscano una produzione continua. Il complesso che stiamo prendendo in considerazione noi è abbastanza sperduto e i loro clienti sono abbastanza particolari, senza contare che i prodotti sono praticamente frutto di sperimentazione, dei prototipi in sostanza. Non escludo che possano conoscere in qualche modo Foglet ma non penso che lui sia direttamente coinvolto in tutto questo. Lo trovo abbastanza difficile.


    Quando la ragazza dai capelli corvini chiese poi che fine avesse fatto il localizzatore che avevo usato tempo fa, portai la mano verso il labbro inferiore, torturandolo un po' prima di risponderle.

    Stiamo ancora cercando di capire a fondo. È molto probabile che ce l'abbia ancora addosso, visto che questi piccoletti sono abbastanza stronzi da notare e da sdradicare. Secondo le ultime notizie è ferma ancora qui a Galbadia ma voglio assicurarmi che le tappe presso cui si ferma siano di nostro interesse. Lo scopo è trovare almeno una delle loro basi e tornargli il favore, oltre che a fare nostre altre preziose informazioni.

    Feci scendere le braccia lungo i fianchi, cambiando nuovamente posizione. Tirai però fuori dalla tasca un mazzo di chiavi: erano del mezzo che avrei dato loro per raggiungere la costa di Galbadia e poi spostarsi in mare, cambiando con una barca.

    Se non avete altre domande vi do le chiavi di uno dei gioiellini di Sayem.

    Edited by Bahamut the one - 18/6/2019, 11:12
     
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    «Non ho esperienze di esplosivi, ma ho avuto modo di dar fuoco ed avvelenare alcune... persone in passato.
    Basterebbe trovare le giuste erbe sul nostro cammino.»


    Annuì, portando la mano al mento. Non credeva che il veleno sarebbe risultato utile per quella missione, ma un incendio sarebbe potuto essere un'alternativa più semplice agli esplosivi, potenzialmente, tanto più che anche Kya disse di non averne esperienza. Ascoltò la spiegazione di Rax, senza commentare. Non era particolarmente entusiasta dell'idea di usare violenza anche se non fosse stato necessario, come sembrava suggerire, ma era abbastanza sicuro che in ogni caso Kya se ne sarebbe occupata anche per lui. E, da come la metteva Rax, sembrava comunque improbabile che la situazione si sarebbe presentata.

    Ascoltò tutto il resto dei loro discorsi, e fece particolare attenzione quando si parlò delle antenne, sporgendosi per vederle meglio. Antenne, torrette, segnali radio... a quanto pare, tutte le sue missioni sembravano ruotare intorno a quel tema, dall'escursione nel deserto passando per l'assalto al Garden e finendo con questa. Per ora.

    «Dalle foto non sembra il tipo di struttura che si sfonda a pugni,» disse, non senza una punta di ironia, ma sottintendendo una domanda più che seria. Avrebbero potuto improvvisare, ma l'ultima volta non era andata benissimo, e se ci fossero state informazioni di qualunque tipo sulla maniera ottimale di smantellamento sarebbe stato bene averle.

    Aggrottò la fronte sentendo parlare di Foglet. Il nome non gli suonava completamente sconosciuto, e dal modo in cui ne parlava, immaginò che Kya avesse un conto in sospeso con lui, ma anche la rapida descrizione che la ragazza ne fece non gli disse nulla. Non fece commenti, e una volta che tutto il resto dei discorsi furono conclusi, non ebbe altre domande.

    «Per me possiamo andare,» disse, allungando istintivamente la mano per farsi dare le chiavi da Rax.

     
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    Esposte le loro domande, Rax si prese qualche istante di tempo per rispondere a tutti e tre i SeeD che avevano esposto le loro domande e perplessità.

    La prima risposta venne fornita alla domanda più che lecita di Sashichi, e sapere che non vi sarebbero stati civili in zona lo rincuorò abbastanza.
    Se vi fosse stato uno scontro non sarebbe stato versato sangue innocente, e ciò non poteva che essere un bene. Dover eliminare i loro nemici e proteggere la popolazione civile allo stesso tempo non era affatto facile, anzi. Probabilmente sarebbero stati presi di mira proprio per mettere a dura prova i SeeD.
    Non commentò, si limitò a fare un cenno di assenso.

    La seconda risposta riguardò proprio la sua domanda.
    Le ricetrasmittenti erano schermata da frequenze interferenti, in teoria, in quanto le torrette erano state letteralmente adoperate per la loro costruzione.
    La presenza di quelle enormi antenne però lo fece tentennare. Sarebbero state in grado di interferire con le loro apparecchiature?
    Distruggerle era probabilmente importante, come suggerito da Rax. Sì domandò a cosa potessero servire onde radio del genere agli Zevran, oltre che per la comunicazione e per abbattere le difese elettromagnetiche del Garden.
    La cosa gli puzzava abbastanza di bruciato, e la sua indole sospettosa gli suggeriva che vi fosse anche altro sotto un simile impianto.

    L’ultima risposta fu per Kya, ed era evidente che stesse riferendosi ad eventi passati. Non aveva idea di chi fosse Foglet, né che tipo di industrie fossero quelle da loro citate. Probabilmente era successo tutto ben prima del suo arrivo al Garden.
    Esclusa la possibilità di un coinvolgimento di quel tipo che, evidentemente, aveva loro dato del filo da torcere, Rax diede loro l’ultima opportunità di fare domande ed esporre dubbi o perplessità.
    Personalmente non ne aveva, e stava per comunicarlo quando Sashichi lo precedette.
    Determinato e deciso, lo vide allungare poi la mano in direzione delle chiavi di chissà quale mezzo.

    ”Io neanche ho altre domande, se non una singola eventualità... prendere in ostaggio qualcuno di loro, che magari conosce bene i progetti di quei trabiccoli... potrebbe tornare utile? È contemplato, o ci “accontentiamo” dei progetti nudi e crudi?” domandò, forse con una certa ingenuità di fondo.
    Ricordava bene lo Zevran spacciato per morto che lui e Sashichi avevano medicato, con lo scopo di salvargli la vita ed interrogarlo, subito dopo l’attacco al Garden.
    In realtà non aveva idea di cosa poi gli fosse successo. Solo a quel momento gli venne in mente un altro dettaglio, un’altra possibilità.
    ”Un’altra cosa. Durante l’attacco alcuni Zevran indossavano delle tute capaci di... renderli pressoché invisibili, credo rifrangendo la luce, come una sorta di specchio. Gli Spettri hanno notato qualcosa del genere?”
     
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    Niente Foglet, purtroppo. Però i nemici non sarebbero mancati, a quanto Kya aveva capito. Era ovvio che la struttura fosse presidiata da guardie, d’altronde.

    “…Ah.” Commentò, sospirando pesantemente.

    “Dalle foto non sembra il tipo di struttura che si sfonda a pugni.”


    Kya incrociò le braccia e, con tutta calma, si sporse in avanti per guardare Sashichi, finalmente.

    “Non ci servono né pugni, né esplosivi. Se solo qualcuno mi prestasse un coltello, me la vedrei io. Basta tagliare tutti i fili che ci sono. No? E’ così semplice”. Disse, tornando poi in posizione eretta e alzando le spalle.

    Si rivolse quindi a Rax, proponendo la sua strategia e, soprattutto, cercando un suo consenso. Forse tutti e tre, lì, sapevano quanto Kya fosse inesperta. Ma ciò non l’aveva mai frenata dall’esporre il proprio modo di ragionare, giusto o sbagliato che fosse…soprattutto da quando era diventata SeeD. D’altronde, le sue intenzioni erano sempre state buone e tutte dirette per il bene del Garden. Nient’altro. Aveva ben chiaro l’obiettivo che Rax aveva dato loro, quindi occorreva farlo in modo intelligente e non “esplosivo”.

    “Spero di poter puntare direttamente alle antenne. Essendo loro in superiorità numerica, dobbiamo fare in modo che non possano comunicare, per potersi radunare o decidere sul da farsi. Dobbiamo coglierli di sorpresa, e usare il… silenzio.”


    Con la punta dei polpastrelli sfiorò la corda dell’arco, per poi aggiungere:

    “Sashichi mi ha già coperto una volta. Potrebbe farlo ancora, mentre io –e magari James- tentiamo di farli fuori uno a uno nel modo più accorto e sommesso possibile. Poi, potrei personalmente far fuori le antenne: ci saranno pulsanti o fili, da qualche parte. …proprio per questo motivo, avrei bisogno del coltello. Ma anche e, soprattutto, della tua fiducia, Rax.”


    Quest’ultimo avrebbe potuto notare un certo cambiamento in Kya, che era stata paralizzata dall’incertezza e dal silenzio, poco prima di tendere insieme l’agguato agli Zevran, tempo prima.
    I suoi occhi, ora, non ridevano, ma si erano impossessati di quelli di Rax, senza staccarvisi. Intendeva davvero leggere una sua eventuale risposta prima nel suo viso, e solo dopo attraverso le sue parole. Erano gli occhi, che contavano più di tutto.
    Non le importava di proporre cose sbagliate, l’importante era provarci, farsi sentire. A rischiare la propria pelle pur di raggiungere l'obiettivo. Era così che agiva un SeeD, no?

    Era comunque aperta a contro-proposte o ammonimenti, se fosse stato necessario.
     
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    Dopo aver lasciato che Sashichi prendesse le chiavi, spostsi la mia attenzione su su Kya. Apprezzavo il suo entusiasmo ma l'azione doveva essere ben ponderata. Probabilmente presa dall'entusiasmo com'era si era lasciata sfuggire degli elementi importanti.


    Le antenne si trovanno sul tetto del complesso, Kya. Dovrete entrare prima di metterle fuori gioco. Inoltre nessuno di voi, eccetto te, è armato con armi a lunga gittata. Queste potranno rivelarsi utili nella fase di infiltrazione del complesso, soprattutto visto che l'arco è silenzioso. A parere mio è meglio che tu copra gli altri durante questa fase ma a distanza relativamente ravvicinata, visto che la gittata della tua arma non è paragonabile a quella di un fucile di precisione o simili. Per il resto sarete in ambienti chiusi, quindi dovrete lavorare d'ingegno. Magari procurandovi strumenti utili direttamente da lì.



    Esistevano molti modi per far fuori un'antenna, dal distruggerla ad inebedire il segnale, ma quello che volevo far intendere ai ragazzi era che quei ripetitori non erano una priorità, quanto invece un obiettivo secondario riguardo ai nostri fini. Se fossero riusciti ad uscire indenni dalla struttura, coi progetti fra le mani dopo aver "consegnato il messaggio", sarebbe già stata una vittoria. Non volevo che mettessero a repentaglio ulteriormente la loro pelle per qualcosa che si sarebbe potuto evitare.


    Ragazzi vi ripeto, su come agire in modo da fare in modo che i trafficanti capiscano con chi abbiano a che fare avete carta bianca. Che sia distruggere i loro macchinari, spezzare qualche osso, distruggere le antenne o che altro è una vostra scelta, che dovrete prendere in base alle condizioni che troverete in loco. Mettere fuori gioco i loro ripetitori ed antenne è qualcosa di secondario. Se l'azione si rivelerà troppo complessa o rischiosa non voglio affatto che lo facciate: preferisco di gran lunga che torniate qui, invece che avere le antenne distrutte e trovarvi sotto la neve. Intesi?


    Passai tutti e tre i ragazzi in rassegna con lo sguardo, l'ennesima volta. Volevo che su quel punto non ci fossero dubbi, doveva essere chiaro e limpido come il sole. Non ammettevo dubbi di nessun tipo.


    Solo dopo essermi assicurato che fosse tutto davvero chiaro sotto quel punto di vista, passai a rispondere a James.


    Più che ostaggi direi veri e propri rapimenti. Portare via un ingegnere e convertirlo alla causa potrebbe tornarci utile, il resto degli occupanti dovrebbero essere guardie o combattenti che non credo siano in possesso di chissà quali informazioni. L'unica cosa utile sarebbe comprendere come hanno stabilito il contatto con gli Zevran, per sfruttarlo a nostro vantaggio in futuro, anche se ci andranno coi piedi di piombo.


    Per rispondere al secondo dubbio di James non proferii parola ma schiacciai un tastino di un piccolo device che portavo sempre attaccato alla cintura. In men che non si dica sarei scomparso davanti ai loro occhi, diventando totalmente invisibile. Aspettai qualche istante, per vedere le espressioni sui loro visi, per ripremerlo e tornare visibile.


    Questo gioiellino si chiama Octocamo e viene fornito a tutti gli Spettri. Fornisce l'invisibità totale per qualche secondo. Gli Zevran l'hanno sicuramente emulato dopo che Athelar avrà fornito loro il suo o comunque gli avrà trasferito le conoscenze necessarie. Escludo che siano stati loro a fornire quelle tute agli Zevran. Gli Spettri mandati in ricognizione infatti non ne hanno fatto parola.


    Parlare di Athelar non era facile, anche dopo mesi, ma ero riuscito ad esser capace di erigere un muro fra me e i miei sentimenti quando mi ritrovavo in contesti come quello, era anche una questione di responsabilità.

    Se non c'è altro vi lascio andare alla vostra fantastica auto.. E in bocca al lupo ragazzi. Ricordate che saremo sempre in contatto radio in caso di bisogno. Andate, colpite e tornare a casa.
     
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    Sashichi

    Subito dopo la propria affermazione sulla solidità delle antenne, Kya gli si rivolse per la prima volta da quando si erano ritrovati tutti e quattro insieme, e incrociò il suo sguardo, anche questo per la prima volta. Sashichi ricambiò l'occhiata, aggrottando la fronte sempre di più man mano che lei andava avanti a esporre il suo piano. Non la interruppe, lasciandola parlare fino alla fine in silenzio, ma dalla sua espressione era chiaro che nutriva uno scetticismo crescente sui contenuti del discorso della ragazza, man mano che questa ne esponeva di nuovi. Quando Kya ebbe finito, tenne lo sguardo rivolto verso Rax, cercando chiaramente la sua approvazione più di quella degli altri due presenti. Sashichi aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse senza emettere alcun suono. Spostò invece a sua volta lo sguardo su Rax, con occhi pieni di aspettativa come quelli di Kya, ma per motivi nettamente diversi. Era ben consapevole dello stato dei rapporti fra sé stesso e Kya, e Rax era sicuramente abbastanza da furbo da capire i motivi per cui la maggior parte di quello che la ragazza aveva detto non erano buone idee; il risultato ideale di questo ragionamento era di lasciare che fosse Rax a spiegarlo. Kya l'avrebbe sicuramente presa meglio. Durante la loro (per ora) unica missione insieme, Kya si era dimostrata molto titubante e pronta a seguire le indicazioni degli altri, mentre ora sembrava completamente cambiata, era diventata sicura di sé, persino con una punta d'arroganza — o almeno così aveva percepito il suo "è così semplice", il suo mettersi automaticamente al centro dell'azione relegando gli altri al ruolo di copertura, di assistenza. Sashichi era molto poco convinto che questa fosse una cosa positiva, e sperò vivamente che lui e James non si sarebbero dovuti trovare nella situazione di tenerla d'occhio per impedirle alzate d'ingegno. Un po' paranoica come conclusione forse, ma d'altronde Sashichi paranoico lo era sempre stato. Era sopravvissuto fino a quel giorno grazie alla paranoia, e non vedeva buoni motivi per abbandonare questa strada.

    Come prevedeva e sperava, Rax spiegò a Kya che le cose non sarebbero state così semplici e scontate, anche se lo fece in maniera un po' troppo indiretta per i suoi gusti. Non aveva spiegato con sufficiente enfasi quanto Kya si stava sbagliando nel formulare un piano così avventato. Aspettò la fine del suo discorso, e annuì, totalmente d'accordo: le antenne erano qualcosa di più. Non avrebbe messo a repentaglio la sua vita, né permesso ai compagni di fare lo stesso, soltanto per quello. Ma si sarebbe certamente impegnato per raggiungere anche quell'obiettivo, se fosse stato possibile.

    Lasciò un piccolo momento di silenzio, prima di voltarsi verso Kya. «Non ho più il mio fucile di precisione, purtroppo, quindi non posso coprire nessuno. Forse è meglio così, non è mai stata la mia specialità,» aggiunse dopo un istante. «In ogni caso, ferma restando la secondarietà delle antenne rispetto al resto, non è così semplice,» riprese dopo una breve pausa, «Tagliare i fili è senza dubbio facile e immediato, ma per sistemare un sabotaggio del genere bastano dieci minuti e un rotolo di nastro isolante. Non farebbe seri danni al loro equipaggiamento, sarebbe uno sforzo inutile. Se vogliamo occuparci delle antenne, dobbiamo trovare un modo che le danneggi strutturalmente, che li costringa a ricostruire. Detto ciò, l'approccio silenzioso è sicuramente una buona idea,» aggiunse, estraendo la propria pistola dalla fondina e mostrandone la canna, su cui campeggiava un silenziatore. «Io ho questa, tu l'arco e tu,» disse voltandosi verso James, «l'alabarda, quindi non dovremmo avere problemi di rumore, fintanto che facciamo attenzione.»

    Alla domanda di James sugli ostaggi, si portò la mano al mento, con aria pensierosa. Non era una cattiva idea, in effetti. Ascoltò la risposta di Rax e, annuì, ma con un'espressione molto pensosa sul volto. «Mh... portare via qualcuno non sarà affatto facile, solo in tre. Con tutto quello che avremo da fare, e con il tragitto che ci aspetta al ritorno, avrebbe molte occasioni per scappare. Ma possiamo decisamente provarci,» concluse annuendo nuovamente.

    Quando James menzionò poi le tute invisibili degli Zevran, Sashichi spostò lo subito lo sguardo su Rax, curioso di sapere cosa avrebbe detto. Anche lui era rimasto decisamente impressionato da quella tuta, e l'idea di potersene procurare una rubandola all'officina in cui si stavano dirigendo non gli dispiaceva affatto. E lo vide sparire dopo aver premuto un tasto. Strabuzzò gli occhi: non tanto sorpreso dall'evento in sé, dato che aveva già visto tecnologia di quel tipo in missione, per l'appunto, ma dal fatto che Rax ne fosse in possesso e per di più in quel preciso momento. Quando riapparì qualche istante dopo, ascoltò con estrema attenzione tutta la sua spiegazione, e già dalla prima frase raggiunse l'immediata e irrevocabile decisione che avrebbe fatto di tutto per entrare a far parte degli Spettri. Ma ciò che lo stupì molto di più fu il fatto che Rax, subito dopo, menzionò il nome di Athelar in connessione con gli Zevran. Guardò Rax come se gli avesse appena tirato una mattonata sul cranio. L'ultima volta che avevano parlato di Athelar, Rax gli aveva spiegato che era stato il suo mentore, e che era sparito qualche tempo prima durante una missione, presumibilmente morto.

    «...scusami, chi hai detto che glieli avrebbe forniti?» gli chiese, guardandolo con espressione completamente confusa. Pensò di aver capito male il nome, e non volle ripeterlo per non fare una pessima figura. Magari aveva detto "Adele" e lui aveva solo sentito male. Ma non gli sembrava affatto che avesse detto "Adele". Lo guardò fisso negli occhi, con un'incredulità che probabilmente sarebbe sembrata eccessiva ai due compagni, che presumibilmente di Athelar non sapevano nulla. Lì per lì Sashichi non riusciva proprio a dare un senso alla frase di Rax, e aspettò la sua risposta, immobile come una statua di sale.

    Solo dopo una sua eventuale spiegazione, o un suo invito a lasciar perdere e/o parlarne più avanti, si sarebbe mosso verso l'auto, di cui stringeva le chiavi. Ma con passo più lento del solito, e mille pensieri aggrovigliati che gli giravano per la testa, atteggiamento che non avrebbe potuto fare a meno di esternare e rendere palese a chiunque avesse visto la sua espressione.

     
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    Tutti e tre avevano posto domande a Rax, esponendo anche punti di vista e perplessità.
    Fino a quel momento il briefing era stato sicuramente lineare e tranquillo, realistico e soprattutto fattibile.
    Quando Kya poi prese parola, ipotizzando di tagliare i fili che alimentavano le antenne, si fece vagamente pensieroso.
    Se davvero nella struttura erano presenti ingegneri capaci di costruire e progettare device come quelle dannate torrette, non sarebbe stato problematico per loro riparare un cavo tranciato.
    Inoltre, ne era sicuro, le antenne erano sicuramente dotate di un sistema di alimentazione di emergenza per garantire agli Zevran il tempo necessario a far riparare eventuali guasti.
    Tenne tuttavia per sé quei pensieri, in quanto fu lo stesso Rax ad intervenire, smontando rapidamente ed in modo praticamente inoppugnabile la teoria di Kya.
    La loro priorità era trovare gli incartamenti ed i progetti citati in precedenza.
    Qualsiasi danno strutturale o azione di sabotaggio era da escludersi se avrebbe messo a repentaglio la loro vita.
    E di morire per sabotare delle antenne non ne aveva voglia... in realtà non aveva voglia di morire in generale.

    ”?” sul suo volto comparve poi un’espressione palesemente interrogativa quando Rax si voltò verso di lui, ricambiandone lo sguardo senza neanche proferire parola.
    Poi lo vide... sparire. Letteralmente. Davanti ai suoi occhi.
    Sgranò gli occhi, sorpreso e perplesso, per poi fischiare in modo poco educato la sua ammirazione quando Rax tornò visibile ai loro occhi.
    Anche il Garden possedeva dunque una simile tecnologia? Perché non fornirla in caso di missione?
    La risposta a quelle domande mai poste giunse assieme alla spiegazione del SeeD.
    Quel device era la dotazione standard affidata a chi entrava a far parte delle schiere degli Spettri, e di conseguenza non disponibile per chiunque.
    E a pensarci bene, l’octocamo pareva essere la naturale necessità di uno Spettro. Celarsi agli occhi dell’avversario per loro era alla base delle loro operazione di spionaggio e perlustrazione.
    Un gioiellino simile, come lo aveva definito Rax, avrebbe salvato sia lui che Tessa anni prima della loro fuga dal Circo.
    Respirò a fondo, voltandosi verso Kya e Sashichi per un breve istante, cercando di decifrare ulteriormente il loro particolare rapporto e, sopratutto, i loro pensieri in quel momento. Non gli era infatti sfuggita l’espressione perplessa del ragazzo durante l’esposizione di Kya... silenziosamente concordò con le parole di Sashichi, quando riepilogò quanto detto, fornendo ulteriori dettagli utili.
    Tuttavia non poteva che concordare in parte anche con Kya. Distruggere le antenne avrebbe sicuramente causato un danno notevole agli Zevran.

    Tornò sull’attenti quando Rax citò un certo Athelar. Non ne aveva mai sentito parlare, ovviamente, ma se erano a conoscenza di chi teoricamente aveva fornito agli Zevran una simile tecnologia, perché non cercare direttamente lui, invece che mandare loro in mezzo al nulla?
    Fece per parlare, quando nuovamente Sashichi prese parola. Il tono confuso che assunse, l’espressione perplessa... gli ricordarono vivamente quelle che aveva assunto quando estrasse il proiettile misterioso dal corpo del FungOngo.
    Distolse quindi lo sguardo dal SeeD, tornando a guardare Rax. Conosceva personalmente quell’Athelar, ne era quasi certo. Come era certo che Sashichi conoscesse il cecchino che aveva salvato loro la vita dall’assalto disperato del moribondo FungOngo.

    ”Io non ho altre domande.” rispose, caricandosi quindi in spalla sia lo zaino che l’Alabarda.
    Attese quindi, e se nessuno avesse aggiunto altro, si sarebbe incamminato assieme ai compagni verso il garage. Non chiese neanche chi di loro sarebbe stato il caposquadra in quanto era praticamente certo che Sashichi avrebbe ricoperto quel ruolo. Ne sarebbe stato felice, in quanto durante l’assalto al Garden si era dimostrato ben capace, assieme a Rune, di tenere compatto un improvvisato plotone.
    Tuttavia, prima di lasciare la stanza, avrebbe rivolto a Rax un ultimo sguardo.
    Curioso, al limite del sospettoso, come se quel nome fosse un fondamentale tassello per comprendere, forse, un disegno più grande che probabilmente non era chiaro neanche allo stesso docente.
     
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